Across The Borderline di Willie Nelson
Ascoltare
musica con un certo impegno significa farsi coinvolgere in un marasma di
sensazioni che spesso sono rivolte ai nostri ricordi, a emozioni passate che
abbiamo attraversato, ma che in qualche maniera continuiamo a custodire nel
profondo di noi. Un nome che per me è evocativo più di altri è sicuramente
quello di Willie Nelson. Ricordo come se fosse accaduto pochi giorni fa il
momento in cui mi avvicinai alla country music e in un solo colpo feci la
scoperta di nomi come il suo, come quello di Kenny Rogers, Waylon Jennings,
Tammy Wynette, Patsy Cline, Loretta Lynn, Merle Haggard e via dicendo. Era un
box composto da tre dischi, dove avevano messo materiale vario, passando da
Hank Williams a Woody Guthrie, da Kris Kristofferson a Johnny Cash. Eppure, in
quel momento i due artisti che mi restarono più impressi furono proprio Waylon
Jennings e Willie Nelson. In seguito scoprii che i due erano anche ottimi amici
e avevano inciso del materiale assieme, come nel disco del 1976, Wanted! The
Outlaws. Ascoltare country music in Italia è qualcosa di strano, almeno per un
ragazzo della Calabria Citeriore; in teoria è qualcosa di molto esotico,
particolarmente lontano. Di fatto trovo ci siano un po’ di cose che accomunano
il mondo del folk nostrano e quello del country e un artista come Willie
Nelson, con il suo importante bagaglio di esperienza, di dischi pubblicati e di
carriera rappresenta l’ideale trait d’union tra mondi lontanissimi, ma
paralleli. Texas in My Soul, come recita un suo album. Ma se per parlare della
musica e degli artisti texani non basterebbe un libro di trecento pagine, non
pensate sia più semplice l’impresa di riassumere per voi, la vicenda artistica
di un pilastro come Willie Nelson. Parliamo davvero di un pilastro della musica
statunitense, che nel corso della sua imponente attività discografica non si è
limitato a produrre esclusivamente country music. In prima istanza perché la
country music non è un genere definito, ma piuttosto un mondo musicale da
esplorare e conoscere, in secondo luogo perché Willie Nelson pur rappresentando
uno dei vertici di questo universo è stato un artista curioso, capace di
rispettare la tradizione e di sovvertirla, restando però coerente con la sua
idea e con le sue innate qualità vocali e musicali. Come spiegare dunque chi è questo
menestrello dotato di treccina e bandana e della sua immancabile chitarra
acustica con corde di nylon? Un uomo che al proprio mondo musicale non ha mai
rinunciato, capace di mettere sullo stesso piano Julio Iglesias e Snoop Dogg,
Eddie Vedder e Ray Charles, Dolly Parton e Lionel Richie, tanto per citare
alcune delle sue memorabili collaborazioni. Non è un caso se per lui sia stata
utilizzata l’azzeccatissima definizione di calamita musicale. Probabilmente
Nelson non è stato influente come Johnny Cash, in termini di stile e di
influenza, eppure la sua stella brilla su tutto e tutti, nel firmamento della
musica di qualità e dell’universo country in special modo. Di lui John Fogerty
ha detto: - Ha una voce unica, lo capisci da un miglio di distanza che è lui.
Le sue canzoni esprimono verità.
Nato il 29 aprile 1933 a Abbott, in Texas, Willie Nelson è cresciuto in una
famiglia umile, la sua infanzia è stata segnata dalla musica gospel e country. Dopo
aver imparato a suonare la chitarra, Nelson iniziò a scrivere canzoni durante
l’adolescenza, dimostrando un talento precoce per la composizione. Gli anni
Cinquanta e Sessanta rappresentano una fase di formazione e lotta per Nelson,
che si guadagnava da vivere come dj in diverse stazioni radiofoniche del Texas
e lavorava per affermarsi come cantautore. Durante questo periodo scrisse brani
come Crazy, portata al successo da Patsy Cline, e Funny How Time
Slips Away. Eppure Nelson faticò a ottenere successo come interprete: il
suo stile vocale distintivo e il timbro caldo non trovavano ancora il giusto
riconoscimento all’interno del circuito di Nashville. Fu durante gli anni
Settanta che Nelson trovò la sua identità musicale, allontanandosi dal sound di
Nashville per abbracciare un approccio più libero e a lui più congeniale. Si
trasferì ad Austin, Texas, dove una scena musicale più progressista lo accolse
calorosamente. Con Shotgun Willie e Phases and Stages, Nelson divenne un
pilastro del movimento Outlaw Country, un’onda culturale che rifiutava le
convenzioni tradizionali della country music a favore di un suono più crudo e
personale. Gli anni settanta e ottanta rappresentano non a caso il periodo
d’oro della carriera di Willie Nelson, segnato da una prolificità straordinaria
e da una serie di album leggendari. Nel 1975 pubblicò Red Headed Stranger: concept
album che racconta la storia di un predicatore dal cuore spezzato. Il disco
riscosse un successo enorme, dimostrando che il pubblico era pronto per un
country più autentico e narrativo. La canzone Blue Eyes Crying in the Rain,
tratta dall’album, divenne il suo primo grande successo come interprete,
vincendo un Grammy. Durante questo periodo, Nelson si affermò non solo come
musicista, ma anche come figura culturale. I suoi concerti, spesso
caratterizzati da un’atmosfera quasi familiare, attiravano fan di ogni
estrazione sociale. Gli anni ottanta videro Nelson espandere ulteriormente i
suoi orizzonti artistici, grazie a dischi che includono interpretazioni di
standard della musica popolare americana, dimostrarono la sua capacità di
attraversare generi e conquistare un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo.
Across The Borderline, il capolavoro della maturità
Nel 1993 Willie Nelson pubblicò Across The
Borderline, disco che sintetizza al meglio la sua capacità di spaziare tra i
generi, raccontando storie universali. Prodotto da Don Was, il disco
rappresenta uno dei punti più alti della sua carriera. L’album include una straordinaria
sequenza di canzoni incise in collaborazione con artisti come Paul Simon, Sinéad
O'Connor, David Crosby e Bob Dylan, evidenziando l’abilità di Nelson nel creare
connessioni autentiche con altri musicisti, esplorando il tema del confine,
inteso sia dal un punto di vista geografico che emotivo. La title track,
scritta da Ry Cooder, John Hiatt e Jim Dickinson, è una struggente ode ai sogni
infranti, alle speranze che accompagnano i viaggiatori lungo il confine tra
Stati Uniti e Messico. L’empatica versione di Nelson aggiunge profondità
emotiva al brano, rendendo palpabile la speranza mista a un sentimento di
disperazione da parte dei migranti. Tra le altre tracce memorabili, spicca
l’interpretazione di Graceland che Nelson reinterpreta con una sensibilità
unica, donando alla canzone un’atmosfera intima e meditativa. Uno dei momenti
più toccanti dell’album è American Tune di Paul Simon: riflessione malinconica
sull’identità e sul sogno americano, che Nelson canta con una semplicità
disarmante. Farther Down the Line, scritta dal conterraneo Lyle Lovett si
distingue grazie alla profondità emotiva e alla capacità di toccare corde
universali. Getting Over You cantata con Bonnie Raitt è un brano che esplora il
tema della guarigione emotiva dopo una separazione. Le voci dei due artisti si
intrecciano armoniosamente, creando un'atmosfera di intima vulnerabilità. The
Most Unoriginal Sin di John Hiatt affronta le complessità delle
relazioni e le ripetizioni degli errori umani. L'interpretazione di Nelson
cattura l'essenza malinconica del brano, rendendolo uno dei momenti salienti
dell'album. Don't Give Up di Peter Gabriel che vede la partecipazione di Sinéad
O'Connor parla di resilienza e speranza, temi che risuonano profondamente
nell'interpretazione sincera dei due artisti. Scritta e interpretata con Bob
Dylan, Heartland è il lamento per la scomparsa delle fattorie familiari
americane, simbolo di un'epoca che svanisce. La combinazione delle voci di
Nelson e Dylan aggiunge autenticità e peso al messaggio del brano. What Was It
You Wanted è un altro brano di Bob Dylan, pubblicato in precedenza dallo stesso
autore nella raccolta Oh, Mercy splendido album del 1989 registrato a New
Orleans e prodotto dal mago Daniel Lanois. Personalmente ho sempre avuto un
debole per la versione di Willie Nelson, suggestiva e di forte impatto, che
abbiamo ascoltato anche in versione live presente su The 30th Anniversary Concert
Celebration pubblicato nel 1993. La registrazione del concerto è avvenuta il 16
ottobre dell'anno precedente al Madison Square Garden di New York City come
momento celebrativo del trentesimo anniversario di attività artistica di Dylan.
Chiudono il disco i brani If I Were the Man You Wanted di Lyle Lovett, She's
Not for You e Still Is Still Moving to Me. Across The Borderline è un album caratterizzato
dalla fusione di generi, spaziando dal country al blues, dal rock al folk. La
collaborazione con artisti dal promiscuo background musicale arricchisce il
sound, evidenziando le innate capacità di Willie Nelson di adattarsi e di
integrarsi con vari stili. La presenza di Paul Simon in American Tune e
Graceland aggiunge una dimensione folk-pop, così come la partecipazione di
Sinéad O'Connor introduce elementi di musica celtica e pop contemporaneo. Dando
una rapida scorsa al booklet, possiamo leggere lo stuolo di turnisti che hanno
partecipato al disco e che sono all’incirca una trentina; per brevità citerò qui
soltanto i più conosciuti: Mark Isham alla tromba, Benmont Tench all'organo,
Mose Allison al piano, Paul Franklin alla pedal steel guitar e Jim Keltner alla
batteria. Across the Borderline è stato accolto positivamente dalla critica,
che ha elogiato la capacità di Nelson di saper reinterpretare brani di altri
artisti, mantenendo la sua distintiva identità e mappa sonora. La varietà delle
tracce e la profondità delle interpretazioni dimostrano la versatilità di
Nelson e la sua volontà di esplorare nuovi orizzonti musicali. L'album ha
contribuito a rafforzare la sua posizione come figura centrale nella musica
americana, capace di unire diverse generazioni di ascoltatori. A distanza di
anni questo lavoro continua a risuonare con forza, confermando Nelson come una
delle voci più autentiche della musica americana, evidenziando la sua capacità
di reinventarsi pur rimanendo fedele alle sue radici.
Negli ultimi anni, Willie Nelson ha dimostrato ancora una volta il suo
inarrestabile talento, pubblicando lavori che confermano la sua straordinaria
capacità di reinventarsi, pur restando fedele alla sua essenza artistica. In A
Beautiful Time, affronta temi come la mortalità, l’amore e la serenità con una
freschezza a tratti sorprendente. The Border è invece un progetto per certi
versi più audace e ambizioso, con cui torna a esplorare il concetto di confine.
Qui gli arrangiamenti variano dal country al blues fino al folk. L’artista
texano affronta temi come la migrazione, l’identità e la speranza. Il disco si
distingue per la sua profondità tematica e l’abilità del suo autore nel rendere
personali le questioni più universali. Il brano The Border è un’ode struggente
ai sogni e alle sfide che definiscono la condizione umana. Voglio concludere il
mio articolo citando Emmylou Harris, la quale ha affermato che il mondo sarebbe migliore se tutti potessero viaggiare
sul bus di Willie Nelson.
STREET-LEGAL RUBRICA MUSICALE DI DARIO GRECO




Commenti
Posta un commento